Criptovaluta

Bitcoin: guerra intestina tra sviluppatori e miners. Crollo inevitabile?

L’ aumento stellare dei bitcoin confuta un fatto apparente a chiunque sia attivo nel mercato delle criptovalute: la comunità del bitcoin è in guerra con se stessa e affronta il rischio di scissione più pericoloso della sua storia. È successo che l’impasse fosse un driver ribassista sul suo valore.

La lotta di potere – sulla questione apparentemente semplice di come aggiornare la rete per gestire più transazioni – sta spingendo le commissioni in forte rialzo e per alcuni tipi di transazioni il bitcoin è quasi inutilizzabile.

Le transazioni che dovrebbero richiedere 10 minuti impiegano invece giorni o non vengono eseguite affatto e la commissione media è di 4,75 dollari – uno sviluppo negativo per una network i cui proponenti si vantano del fatto che il bitcoin fosse più conveniente delle transazioni Visa.

Un altro aspetto preoccupante è il fatto che, anche se continuano a scorrere nuovi capitali di investimento, le imprese si stanno allontanando dal bitcoin per costruire nuove blockchain. Ciò significa che innumerevoli transazioni che potrebbero essere eseguite con i bitcoin, spingendo così al rialzo la sua quotazione, ora si svolgono su altre blockchain, aumentando i prezzi relativi di altri sistemi e criptovalute.

Ad accelerare tale tendenza è il fatto che aziende non specializzate in blockchain stanno ora creando delle proprie criptovalute – ma non sul sistema del bitcoin. Per esempio, Kik, che prevede di lanciare una nuova criptovaluta chiamata Kin, la sta costruendo sul sistema di Ethereum. Tutti questi fattori, uniti alla frenesia speculativa del mercato delle criptovalute in generale e la guerra intestina nel bitcoin hanno spinto la capitalizzazione di mercato della prima criptovaluta al mondo al sotto del 50% per la prima volta nelle storia qualche settimana fa; per anni è oscillata tra l’80-90%. E non ha più recuperato da allora.

Commentando come community stia cercando di evitare alcuni aggiornamenti tecnici che rischiano di causare una «spaccatura» che creerebbe due versioni diverse del bitcoin – una con un valore più elevato e l’altra con una quotazione più bassa – Mike Belshe, amministratore delegato di BitGo, società specializzata in sicurezza delle criptovalute che supporta il bitcoin, afferma che a causa dell’inazione «in molti modi, il bitcoin è già diviso. Molta gente non usa più bitcoin. La gente sta togliendo le proprie monete dal bitcoin, convertendole in un’altra moneta».

Per comprendere che cosa ha alimentato la lotta controversa, in corso ormai da due anni e mezzo, bisogna prima analizzare il background nella teoria dei giochi del bitcoin. La magia del bitcoin è stata la capacità di vari giocatori con interessi opposti di impegnarsi in un sistema che finora ha portato ad un risultato ottimale per tutti.

Come è facile aspettarsi, tuttavia, quando i gruppi con interessi opposti devono interagire tra di loro, si verificano delle tensioni. Mentre nei precedenti progetti open source le parti con obiettivi opposti si separano semplicemente, sul fronte del bitcoin nessuno vuole abbandonare ciò che finora è stato un gioco molto redditizio per ognuno. Nonostante il bitcoin abbia molti “padri costituenti), tra i più importanti troviamo gli sviluppatori, ovvero i progettisti del sistema. Un altro gruppo cruciale è composto dalle entità che gestiscono la rete bitcoin nei loro computer (chiamati miners/minatori), una sorta di operatori del sistema.

Un anno e mezzo fa, ciò che poi è diventato noto come accordo di Hong Kong, alcuni degli sviluppatori/progettisti e miners hanno siglato un accordo su come abilitare un maggior numero transazioni sul network in un dato momento. Questo comprende un elemento per cui gli sviluppatori hanno spinto molto, chiamato SegWit, e un elemento aggiuntivo che i miners volevano, chiamato 2MB cap. SegWit organizza le transazioni in modo più efficiente, permettendo un maggior numero di operazioni nello stesso momento, mentre aumentare il limite da 1 MB a 2 MB permette un maggior numero di operazioni e basta, senza organizzarle in modo più efficiente.

Dopo questo accordo, gli sviluppatori hanno rinnegato il tutto, dicendo alcuni individui erano d’accordo, ma l’intero gruppo non lo aveva approvato. Quindi hanno proseguito preparando solo la modifica che volevano – il SegWit. Tuttavia, hanno bisogno dei miners per farlo funzionare e un miner in particolare, Bitmain, che produce anche servizi di mining guidato da Jihan Wu, ha usato la sua posizione come ricatto, cercando di forzare gli sviluppatori ad abbandonare il limite a 1MB.

Il mese scorso, 58 società in 22 paesi riunite da uno degli investitori più grandi del settore, il Digital Currency Group guidato da Barry Silbert, hanno trovato un compromesso che è, in sostanza, lo stesso accordo di Hong Kong, solo con una nuova linea temporale. Tuttavia, nessuno degli sviluppatori principali ha ancora firmato quel che ora è noto come accordo di New York.

Lo sviluppatore di bitcoin Eric Lombrozo dice che il «cuore» di Silbert è nel posto giusto, ma che in ultima analisi «non credo che l’accordo di New York sia modo di affrontare queste cose».

Con gli sviluppatori ed i miners che non hanno ancora trovato un accordo, la situazione ci porta ad analizzare un terzo gruppo, il più importante: gli utenti. Sono loto ad avere il controllo finale del bitcoin. Se il bitcoin dovesse essere diviso in due monete, sarebbero gli utenti a determinare quale sarà il bitcoin «reale» semplicemente scegliendo di detenere e fare scambi con uno di essi, aumentando così il suo prezzo. Tuttavia, gli sviluppatori di bitcoin e i miners non hanno alcun modo di determinare in anticipo quale versione gli utenti vorranno sostenere.

Nonostante il portafoglio da 20,5 milioni di dollari rappresentate le aziende che hanno firmato l’accordo di New York possa costituire una percentuale significativa, per ora molti utenti supportano gli sviluppatori, sono contro Bitmain, che sta ostacolando l’adozione del SegWit e stanno cercando di scappare dal controllo dei miners.

Per quanto riguarda l’impatto di questa situazione sul prezzo del bitcoin, non è chiaro. È incoerente il fatto che la criptovaluta abbia superato i suoi massimi storici vicini ai 3.000 dollari per unità in contemporanea alla guerra intestina nella community.